BLOG BELLISSIMO!!! (Reinserito perchè originale era incompleto)
Per una volta, una soltanto, per un giorno, uno soltanto, godiamocela questo macchia bianca e gentile nel mondo scuro. Lasciamo perdere i fulmini, chi e perché glieli tira. Gustiamocelo, palpiamolo da lontano questo
miracolo sereno e candido che si aggira per Roma come un bambino. Ieri Benedetto XVI ha sollevato una bimbetta e l’ha baciata:
non si capiva chi era più piccolo tra i due.
Era il tramonto e la folla è accorsa in un istante: “Il Papa! Il Papa! Viva il Papa!”. Era andato un attimo a casa, in piazza della Città Leonina, a due passi dal colonnato, per prendere qualche libro, un ricordo da tenere subito vicino. Fino a tre giorni fa, attraversava lui la strada per salutare. Una volta, un secolo fa, mi fece salire a mangiare fragole con la panna, tra vecchi mobili. Ieri era un altro,
lui, Joseph detto Zep, Peppino , ma un altro. Simone è diventato Pietro, Joseph è diventato Pietro.
Su quel cosetto timido dovrebbe appoggiarsi la Chiesa ? Lui ride ora, non ha paura, è solo dinanzi a Dio come un monaco (monaco viene da monos, uno davanti all’Uno), ma parla come un collegiale dell’”amicizia con Gesù e con i suoi”. Ha detto: -Un giorno Gesù disse a Pietro: qualcuno posteriormente ti condurrà dove non vorrai. Anche Ratzinger non voleva. Ma ha fiducia. Ha immaginato che la mano forte dell’amato Papa si appoggiasse alla sua e con quegli occhi sorridenti gli dicesse: “Non avere paura”. L’amicizia continua dopo la morte. E lui ha risposto di sì, -accetto-. Con sicurezza, fino all’estremo termine della vita.
Il raffinato intellettuale ha detto davvero “posteriormente”? Ahimè sì. Il suo italiano ha subito regressi per l’emozione, dopo tanto tempo Ratzinger pensa in tedesco, come quando andava a scuola.
La sua giornata era cominciata chissà a che ora, nel collegio di Santa Marta popolato di vecchi preti vestiti di porpora, finalmente rilassati dopo aver partorito il Papa. Ai suoi giovani amici cardinali - hanno sessant’anni - Cristophe von Schoenborn di Vienna e Angelo Scola di Venezia, prima di prendere il caffelatte nel refettorio, dopo aver scritto il suo discorso in latino e dormito poco,
Benedetto ha confidato: Non mi sono ancora abituato a essere nuovo.
La Chiesa così vecchia, ringiovanita da Giovanni Paolo II oggi è nuova, come un pane appena sfornato. -C’è il Papa!-, lo vedono dentro la Mercedes , corrono: -Viva il Papa!-.
C’è un profumo magnifico dalle parti di San Pietro. Finalmente, un istante di pace, di grazia copiosa, di gioia senza ferite. Ce la meritiamo anche noi. Sono anni che vediamo un Papa sofferente, e che non respira. Lo abbiamo seppellito tra le lacrime e al diavolo chi ci parlava di letizia. E quel Vangelo sbattuto dal vento, e la solennità tremenda e feroce della vita più forte della morte, ma che croce.
Il cardinale bavarese ingolfato dai paramenti, travolto dal vento e annichilito dalla folla, piangeva l’amico, l’-amato Santo Padre-. Diceva: -Gesù misericordioso-. Lo vedeva, ma era troppo quel dolore per essere semplicemente contento, come un bambino in braccio alla mamma.
Anche martedì, un’ora dopo l’elezione di Ratzinger, eravamo felici sì, ma pure
preoccupati di un immenso peso su spalle gracili. Immaginavamo gli assalti. Non sbagliavamo. Le guglie indifese attirano saette. Ovvio. Chiunque le tiri che deve temere?
Ma stavolta sprofondino, si consumino di rabbia. Vadano alla malora le anime grame che strappano i pochi fiori in questa terra desolata. Benedetto XVI era una rosa candida.
Avete visto le immagini del suo primo giorno? Benedetto è inerme. Dolce. Nella veste nivea risalta l’assenza di muscoli, non ha fatto sport, ha studiato troppo, ma i suoi occhi si allargano,
è la réclame di Gesù più bella che si potesse immaginare.
Diversissimo da Wojtyla, ma compagno di destino. Due amici possono ben essere opposti nel carattere, nella figura fisica, persino nei gusti. Sono innamorati della stessa donna, cioè di Gesù Cristo, e si scusi il paragone che è dell’altro loro amico don Giussani: le portano regali diversi, le cantano altre canzoni. La musica di Benedetto XVI vibra di verità, splende nel suo latino, ed è pura come la veste nuova. Non è tonante come quella del Polacco, non dà l’impressione di voler piegare la curva dell’orizzonte, ma lo accarezza.
Il primo atto di Benedetto è stato in latino. Un messaggio alla fine della messa nella Cappella Sistina. Il testo integrale lo trovate in queste pagine. C’è il Concilio, ci sono i giovani e c’è il dialogo. Ma soprattutto c’è questa certezza consolante e dolce di essere dentro una storia d’amore. Di misericordia. Tornano sempre queste parole.
Come hanno fatto a dipingerlo come un cane da guardia, non si capisce. Solo perché non vuole che si butti via la perla preziosa della verità. Provate a toccare a un bambino la sua mamma e il suo papà, si attaccherà con i denti, darà la vita. Ma non è un cane, mai, è un figlio. Ora Ratzinger è chiamato a essere padre. Papa vuol dire padre. Santa Caterina da Siena in una lettera chiamò il Pontefice così: Dolce babbuccio. Sembra scritto per Benedetto XVI.
Dopo la messa il Santo Padre ha sbrigato le sue cose, è entrato nell’appartamento del predecessore. Il camerlengo ha rotto i sigilli. Papa Ratzinger ha mosso i suoi passi tra quei locali. Farà ritinteggiare le pareti con i colori del barocco romano, quel rosso dorato, che deve avere un nome che non so, ma senz’altro è un miracolo di luce. Poi in auto è andato al suo vecchio ufficio. Ha lavorato tanto. Un po’ il trionfo di Ratzinger (trionfo è una parola impropria) è anche quello di chi lavora in ufficio una vita, carte e carte, ma si ricorda che le carte sono il sudore di molti uomini.
Ora girerà? Che farà? Per intanto nessuna austerità ottocentesca. Più telecamere persino che con Wojtyla. Incontrerà presto i giornalisti, i quali sono tutti convinti di essere stati loro in questi anni a consigliarlo, a fargli prendere certi indirizzi.
E’ sempre stato così cortese da mettersi sempre al livello degli interlocutori più sciamannati, tra cui non si tira fuori il sottoscritto.
Intanto, in questo giorno di gioia, è utile ricordare il compito che
questo tedesco “de Roma” sente come proprio. Libero ha salutato ieri il nuovo Papa con il titolo “Rifondazione cristiana”.
Lo sappiamo, teologicamente zoppica. La Chiesa è sempre se stessa, eccetera.
Ma era per dare l’idea di una roccia gentile, di una vigna che torna a rifiorire. Diteci però se quel titolo era sbagliato a leggere questi appunti inediti. Un amico era a Subiaco quando il cardinale Ratzinger, il primo aprile ha ricevuto, un premio legato a san Benedetto. Gli ha dedicato queste parole. Abbiamo bisogno di uomini come Benedetto da Norcia, il quale in un tempo di dissipazione e decadenza si sprofondò nella solitudine più estrema, riuscendo, dopo tutte le purificazioni che dovette subire, a risalire alla luce, a ritornare. E a fondare, a Montecassino, la città sul monte che, tra tante rovine, mise insieme le forze dalle quali si formò un mondo nuovo. Così Benedetto come Abramo diventò padre di molti popoli.
Lo possa essere anche tu, Benedetto XVI. Come dice il tuo nome facci venire giù dal cielo non fulmini ma grazie e benedizioni.